Paese che vai, cultura che trovi. La scuola, dalla notte dei tempi, rappresenta al meglio l’immagine di un Paese sotto ogni punto di vista. Ed è spesso essa stessa specchio della società in cui si vive. Questo vale tanto più in Italia, dopo che nell’ultimo ventennio l’Istituzione Scolastica è stata piano piano spazzata via e perennemente mortificata. I risultati, evidenti, sono sotto gli occhi di tutti: l’Italia, a confronto delle sue sorelle europee, registra risultati mortificanti sia dal punto di vista delle conoscenze-competenze, sia dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi. Un peccato, perché la riforma dell’Autonomia del 2000, prevista dalla Legge Bassanini del 1997, lasciava presagire tutt’altri scenari.
Non confermati e mai del tutto realizzati, invero. Il Coronavirus, poi, vent’anni dopo la più grande opera di riorganizzazione scolastica, ha messo in luce gli ultimi, paradossali e instabili dettagli. Relegando la scuola all’ultimo posto tra le riaperture. Mentre in Europa si è deciso di ripartire dalla scuola, come vorrebbe ogni organizzazione post-crisi, in Italia il dibattito si è spostato su altro. Se poi consideriamo che la cultura italiana è vittima di una clamorosa involuzione, il risultato non fa che peggiorare.
Scuola italiana, l’immagine di un Paese
La scuola italiana, come tutte le scuole del mondo, riflette la sua società, i suoi valori, i suoi poteri. La scuola italiana è vittima di una perenne mortificazione, oggetto del dibattito di molti ma al centro dell’interesse di pochi. Questo perché non si ha interesse nella scuola e perché una scuola che funziona bene, e dunque diversamente, produce una classe dirigente buona e di per sé diversa. La sensazione è che sulla scuola non siano esplose strumentalizzazioni perché l’elettorato, nel mondo scolastico, è pressoché scarno. Siamo sicuri che, nel momento in cui un sedicenne avesse potuto votare, sarebbe stato consultato a dovere.
In Italia, invece, è successo l’esatto opposto: Governo ed opposizioni si dimenano, nessuno ha però pensato di interpellare chi davvero conta più di tutti in questo dibattito. E cioè gli studenti. Qualcun altro ha deciso per gli studenti, qualcun altro ha strumentalizzato e usato gli studenti. Non loro ma qualcun altro. Quel qualcun altro che dovrebbe seriamente rappresentarli, e che invece non ha nessun interesse a farlo. Perché non votano, i nostri studenti e perché, in fondo, conviene a tutti una scuola scadente. Quando leggerete i prossimi risultati delle indagini europee, non date la colpa a ragazzi di quattordici o sedici anni. Ma a chi, per loro, dovrebbe fare qualcosa e invece non fa niente.